Brindisi nell’antichità ai tempi di Cesare e Pompeo
di Nazareno Valente
1 Preambolo
Cesare varca il Rubicone scatenando così la guerra civile. Il Senato romano si schiera con il proconsole Pompeo il quale è dell’avviso di non affrontare Cesare sul suolo italico e tenta di concentrare il grosso delle truppe a Brindisi per salpare poi alla volta di Durazzo.
1.2 Pompeo si ritira verso Brindisi (anno 49 a.C.)
Dalla sua villa di Formia, Il 28 febbraio Cicerone scrive ad Attico allegando copie di alcune lettere scritte nei giorni precedenti da Pompeo; tra queste una, inviata da Lucera il 17 o 18 febbraio ai consoli in carica, nella quale il proconsole comunica: “Di conseguenza ho deciso ... di condurre a Brindisi le truppe che ho con me. Vi esorto affinché raduniate tutti i contingenti militari che potrete e veniate a Brindisi quanto prima possibile”. (Quam ob rem placitum est mihi ... ut Brundisium ducerem hanc copiam quam mecum habeo. Vos hortor ut quodcumque militum contrahere poteritis contrahatis et eodem Brundisium veniatis quam primum [Cicerone, Lettere ad Attico, VIII, 12A, 4]).
Il 2 marzo Cicerone comunica all’amico Attico che Pompeo, nel frattempo arrivato a Canosa, è ripartito per Brindisi il mattino del 21 febbraio, giorno in cui ricorreva la festa dei Feralia in onore degli dèi Mani. “In pratica vedo che Cesare è partito da Corfinio nel pomeriggio del medesimo giorno, cioè a dire dei Feralia, in cui al mattino Pompeo ha lasciato Canosa...”. (Eodem enim die video Caesarem a Corfinio post meridiem profectum esse, id est Feralibus, quo Canusio mane Pompeium... [Cicerone, Lettere ad Attico, VIII, 14,1]).
Pompeo arriva infine nella nostra città il 25 febbraio ed è ancora Cicerone a farcelo sapere. Il 18 marzo lamenta ad Attico di non aver niente da scrivere (Nihil habebam quod scriberem... [Cicerone, Lettere ad Attico, IX, 10,1]), prima di comporre una lunghissima lettera in cui, citando un avvenimento avvenuto il 1° marzo, ricorda en passant che Pompeo era, a quel tempo, a Brindisi già da quattro giorni. (At Kalendas Martias, cum ille quintum iam diem Brundisi esset...[Cicerone, Lettere ad Attico, IX, 10,8]).
Ma nel frattempo anche Cesare, forse iustum iter, vale a dire con una marcia a tappe normali di circa 5 ore giornaliere, si avvicina alla nostra città. Perché, come precisato da Cicerone: “D’altra parte è a Brindisi che confluisce ogni forma di contrasto per i momenti prossimi a venire...”. (Brundisi autem omne certamen vertitur huius pr<ox>imi temporis... [Cicerone, Lettere ad Attico, VIII, 14,1]).
2.1 Cesare raggiunge Brindisi (anno 49 a.C.)
Cesare giunge a Brindisi nella prima decade di marzo, come comunica egli stesso ai suoi agenti Oppio e Balbo: “Il 9 marzo sono giunto a Brindisi e mi sono accampato davanti le mura. Pompeo si trova a Brindisi”. (Ante diem VII Idus Martias Brundisium veni; ad murum castra posui. Pompeius est Brundisi [Cicerone, Lettere ad Attico, IX, 13A, 1]). Nel frattempo, il 4 marzo, il grosso delle truppe pompeiane è salpato dalla nostra città per Durazzo, “insieme con i due consoli, i tribuni della plebe ed i senatori”. (... et consules duo et tribuni pl. et senatores qui fuerunt cum eo). [Cicerone, Lettere ad Attico, IX, 6, 3]). Infatti “da quel giorno i venti hanno cominciato a spirare da nord”. (Ex ea die fuere septemtriones venti [Cicerone, Lettere ad Attico, IX, 6, 3]).
Un breve inciso per spiegare come mai, in una stagione quasi primaverile, ci fosse bisogno d’attendere venti favorevoli per navigare. Va infatti precisato che il calendario di quel tempo era di carattere essenzialmente lunare e si basava su un anno la cui durata era di 355 giorni, corrispondenti a 12 lunazioni. Tutto ciò comportava che l’anno civile non coincideva con l’anno solare e per rifasarlo si inseriva, a piacere del pontefice massimo, un mese intercalare (chiamato, mercedonio) della durata di circa 20 giorno, in maniera però del tutto approssimativa. Di conseguenza questa procedura aveva determinato uno sfasamento tra calendario e stagioni che fu colmato, proprio da Cesare nel 46 a.C., con l’inserimento in tale anno di 90 giorni o, secondo altre fonti, di 67 aggiuntivi. Fu così introdotto il calendario giuliano.
Quindi nell’anno di cui parliamo c’era uno sfasamento di circa due mesi e quindi nel mese di marzo non si era quasi in primavera ma, invece, ad inverno inoltrato. Di qui le difficoltà ad affrontare un viaggio per mare.
Tornando alla nostra ricostruzione storica, gli intendimenti di Cesare appaiono subito chiari, ed egli li esplicita anche ad un suo nipote (o pronipote), Quinto Pedio, in una lettera poi pervenuta a Cicerone: “... obbligare Pompeo a portar via quanto prima le truppe che tiene a Brindisi oppure bloccare la sua uscita dal porto”. (... ut aut illum quam primum traicere quod habet Brundisi copiarum cogamus aut exitum prohibeamus [Cicerone, Lettere ad Attico, IX, 14, 1]).
E, per raggiungere tale obiettivo, adotta essenzialmente il seguente progetto: “Nel punto in cui l’imboccatura del porto è più stretta, da entrambe le estremità del litorale, fa gettare massi come supporto di un terrapieno, perché il mare in quel tratto è poco profondo. Allontanandosi dalle rive, dato che l’argine non si regge per la maggiore profondità delle acque, fa collocare, come prolungamento, coppie di zattere larghe 30 piedi [circa 10 metri] per ogni lato, tenute ferme da quattro àncore collocate ai quattro angoli, in modo che non siano spostate dai flutti. Una volta completate e collocate al loro posto queste zattere, ne fa successivamente aggiungere altre di pari grandezza; quindi le ricopre di terra e di altro materiale così da passarvi sopra con facilità e accorrervi per la difesa...” (Qua fauces erant angustissimae portus, moles atque aggerem ab utraque parte litoris iaciebat, quod his locis erat vadosum mare. Longius progressus, cum agger altiore aqua contineri non posset, rates duplices quoquoversus pedum XXX e regione molis collocabat. Has quaternis ancoris ex IV angulis destinabat, ne fluctibus moverentur. His perfectis collocatisque alias deinceps pari magnitudine rates iungebat. Has terra atque aggere integebat, ne aditus atque incursus ad defendendum impediretur… [Cesare, La guerra civile, I, 25, 5/9]).
Ma neppure Pompeo rimane inattivo e contro questi preparativi “fa allestire grandi navi da carico, catturate nel porto di Brindisi. Su di esse innalza torri a tre piani e, riempitele di macchine da lancio e di ogni genere di proiettili, le scaglia contro le opere di sbarramento di Cesare per scompaginare le zattere e disturbare i soldati al lavoro”. (...naves magnas onerarias, quas in portu Brundisino deprehenderat, adornabat. Ibi turres cum ternis tabulatis erigebat easque multis tormentis et omni genere telorum completas ad opera Caesaris adpellebat, ut rates perrumperet atque opera disturbaret. [Cesare, La guerra civile, I, 26, 1]).
In pratica ci sono scaramucce quotidiane con attacchi a distanza, compiuti con armi da lancio sino al 17 marzo e, proprio quando Cesare ha completato la metà dello sbarramento, “rientrano a Brindisi, rimandate dai consoli da Durazzo, le navi che hanno lì trasportato la prima parte dell’esercito”. (...naves a consulibus Dyrrachio remissae, quae priorem partem exercitus eo deportaverant, Brundisium revertuntur). [Cesare, La guerra civile, I, 27, 1]).
Pompeo può quindi prepararsi a partire. Guardato però con scarso favore dai nostri concittadini.
3.1 Pompeo salpa da Brindisi (anno 49 a.C.)
Ora che le navi sono tornate ed i venti sono favorevoli per salpare, Pompeo non ha motivo di rimanere a Brindisi e così affretta i preparativi. Come riferito da Mazio e Trebazio a Cicerone, la sera stessa del 17 marzo, giorno del ritorno della flotta da Durazzo, “Pompeo lascia Brindisi con tutte le truppe a disposizione”. (Ante diem XVI Kalendas Apriles cum omnibus copiis quas habuerit profectum esse. [Cicerone, Lettere ad Attico, IX, 15A]). Ma, prima di andarsene, cerca di impedire che il nemico possa irrompere in città mentre è in atto la partenza, con tutta una serie di espedienti: “... sbarra le porte, fa barricare le vie e le piazze, fa scavare fosse in senso trasversale alle vie e vi fa piantare dentro pali e tronchi con la punta aguzza. Livella il terreno ricoprendo i buchi con sottili graticci e terra; poi sbarra, con travi molto grandi e bene appuntite, conficcate nel terreno, le vie d’accesso e le due strade che al di fuori della cerchia delle mura conducono al porto”. (… portas obstruit, vicos plateasque inaedificat, fossas transversas viis praeducit atque ibi sudes stipitesque praeacutos defigit. Haec levibus cratibus terraque inaequat; aditus autem atque itinera duo, quae extra murum ad portum ferebant, maximis defixis trabibus atque eis praeacutis praesepit. [Cesare, La guerra civile, I, 27, 3-4]).
Infine abbandona al far della notte la nostra città.
Le trappole escogitate da Pompeo avrebbero potuto arrecare grave danno alle coorti di Cesare, se i nostri concittadini non si fossero apertamente schierati a suo favore. Già quando si svolgono i preparativi della partenza “dall’alto dei tetti cominciano a fare segnalazioni”. (...ex tectis significabant. [Cesare, La guerra civile, I, 28, 2]). Ma sono ancor più utili quando le mura rimangono senza difesa. “ I soldati di Cesare, collocate le scale, salgono sulle mura ma, avvertiti dai Brindisini di fare attenzione al vallo mimetizzato ed alle fosse, si fermano e, guidati da loro su un percorso più lungo, arrivano al porto...”. (Milites positis scalis muros ascendunt, sed moniti a Brundisinis, ut vallum caecum fossasque caveant, subsistunt et longo itinere ab his circumducti ad portum perveniunt. [Cesare, La guerra civile, I, 28, 4]). In tempo utile “per raggiungere con barchette e battelli due navi, piene di soldati, impigliatesi negli sbarramenti di Cesare e catturarle”. (… duasque naves cum militibus, quae ad moles Caesaris adhaeserant, scaphis lintribusque reprehendunt, reprehensas excipiunt. [Cesare, La guerra civile, I, 28, 4]).
Ma nonostante tutto a Cesare, privo di navi, non resta che guardare il nemico allontanarsi. “E così l’idea d’inseguire Pompeo è per il momento messa da parte: decide di partire per la Spagna ed ordina ai duumviri di ogni municipio [i supremi magistrati delle città italiche] di procurare navi e di farle pervenire a Brindisi. (Itaque in praesentia Pompei sequendi rationem omittit, in Hispaniam proficisci constituit: duumviris municipiorum omnium imperat, ut naves conquirant Brundisiumque deducendas curent. [Cesare, La guerra civile, I, 30, 1]).
L’inseguimento è però solo rimandato e, alla fine dell’anno, Cesare ritornerà a Brindisi per attraversare anche lui l’Adriatico e saldare il conto con l’avversario.
4.1 Cesare ritorna a Brindisi (anno 49 a.C.)
In attesa di costituire una flotta in grado di portare le sue legioni di là dell’Adriatico, Cesare si dedica con la consueta determinazione ad assicurarsi il pieno controllo delle provincie strategiche d’Occidente, vale a dire Spagna, Sicilia e Africa, ed a rafforzare la sua posizione a Roma. “Dopo aver preso queste misure, verso il solstizio d’inverno, ordina che le legioni si raccolgano a Brindisi dove lui stesso si dirige quando per i romani si é nel mese di dicembre... “. (Καὶ τάδε πράξας περὶ χειμερίους τροπὰς περιέπεμπε τὸν στρατὸν ἀπαντᾶν ἐς τὸ Βρεντέσιον αὐτός τε ἐξῄει Δεκεμβρίου μηνὸς Ῥωμαίοις ὄντος... [Appiano, Guerre Civili, II, 48]). Probabilmente la partenza da Roma avviene il 13 dicembre e l’arrivo a Brindisi il 22 dicembre. Qui, per la scarsità di navi, riesce ad imbarcare non più di sette legioni delle dodici raccolte. I reparti che si apprestano a prendere il mare non sono per altro completi: molti sono caduti negli scontri e nelle lunghe marce “e, infine, l’autunno insalubre in Puglia e nella zona di Brindisi ha messo a dura prova la salute di tutto l’esercito che proviene dalle salutari regioni della Gallia e della Spagna”. (... et gravis autumnus in Apulia circumque Brundisium ex saluberrimis Galliae et Hispaniae regionibus omnem exercitum valetudine temptaverat. [Cesare, La guerra civile, III, 2, 3]).
Ed è questo uno dei primi accenni che la storia ci consegna sul clima poco salubre delle nostre zone, probabilmente dovuto alla presenza di terreni paludosi.
4.2 Cesare salpa da Brindisi (anno 48 a.C.)
Però anche Pompeo s’è consolidato ad Oriente, grazie ai suoi clientes d’Asia, e la sua imponente flotta pattuglia gli approdi dell’opposta sponda adriatica. Ma ciò nonostante Cesare, leva le ancore il 4 gennaio con un primo contingente, come già detto, di sette legioni e, “trovato un approdo tranquillo tra le scogliere dei Cerauni ed altri luoghi pericolosi, evitando tutti i porti perché li ritiene controllati dal nemico, sbarca i suoi soldati presso quella località chiamata Paleste, senza aver perduto neppure una nave”. (Inter Cerauniorum saxa et alia loca periculosa quietam nactus stationem et portus omnes timens, quos teneri ab adversariis arbitrabatur, ad eum locum, qui appellabatur Palaeste, omnibus navibus ad unam incolumibus milites exposuit. [Cesare, La guerra civile, III, 6, 3]).
È il 5 gennaio, e la traversata s’è esaurita in un giorno. “Sbarcati i soldati, Cesare rimanda nella stessa notte le navi a Brindisi perché si possano trasportare le altre legioni e la cavalleria” (Eitis militibus naves eadem nocte Brundisium a Caesare remittuntur, ut reliquae legiones equitatusque transportari possent. [Cesare, La guerra civile, III, 8, 1]). Ma, nel viaggio di ritorno, una trentina di navi cade in mano al nemico che rafforza i presidi sui litorali dei porti di approdo e la vigilanza sul mare. Tutto ciò rende difficile le operazioni d’imbarco delle cinque legioni e della cavalleria rimaste a Brindisi.
Ma Lucio Scribonio Libone, partigiano di Pompeo, ritiene che ci sia un modo molto meno oneroso per tenere bloccate le truppe cesariane: occupare l’isola di Pharos (S. Andrea) che chiude l’imboccatura del porto della nostra città.
5.1 Libone occupa l’isola di S. Andrea (anno 48 a.C.)
In un giorno imprecisato tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, Libone “giunge così a Brindisi al comando di una flotta di cinquanta navi ed occupa l’isola [di Pharos] che si trova di fronte al porto...” (cum classe, cui praeerat, navium L, Brundisium venit insulamque, quae contra portum Brundisinum est, occupavit... [Cesare, La guerra civile, III, 23, 1]). Quel tratto di mare costituisce infatti l’uscita obbligatoria per le navi che si trovano nel porto, ed in tal modo “egli ritiene preferibile bloccare con stretta sorveglianza un solo posto che non tutto il litorale e tutti i porti” (quod praestare arbitrabatur unum locum... quam omnia litora ac portus custodia clausos teneri. [Cesare, La guerra civile, III, 23, 1]).
“Colte di sorpresa, per l’arrivo improvviso, alcune navi da carico, le incendia e ne porta via una piena di frumento... Poi, sbarcati di notte fanti ed arcieri, scaccia il presidio di cavalleggeri”. (Hic repentino adventu naves onerarias quasdam nactus incendit et unam frumento onustam abduxit ... et noctu militibus ac sagittariis in terram eitis praesidium equitum deiecit [Cesare, La guerra civile, III, 23, 2]). Libone consolida perciò la posizione a tal punto da ritenere d’avere ormai in scacco le cinque legioni di Cesare bloccate nel porto della nostra città.
Non ha però fatto i conti con la perizia di Marco Antonio, in quel periodo a Brindisi, che, utilizzando “ due triremi costruite a Brindisi” (triremes duas, quas Brundisii faciendas curaverat [Cesare, La guerra civile, III, 24, 1]), attira Libone in un tranello catturando “una quadriremi con i rematori ed i combattenti” (unam ex his quadriremibus cum remigibus defensoribusque [Cesare, La guerra civile, III, 24, 3]). Ma soprattutto Marco Antonio dispone che drappelli di cavalleria presidino la costa e “impediscano ai nemici l’approvvigionamento di acqua” (aquari prohiberentur [Cesare, La guerra civile, III, 24, 4]). Poiché neppure la flotta di Pompeo è in grado, dato il cattivo tempo, di rifornire il presidio che occupa l’isola di S. Andrea, Libone si vede costretto “a lasciare Brindisi” (discessit a Brundisio [Cesare, La guerra civile, III, 24, 4]).
Per altro, lo stesso tempo sfavorevole tiene bloccate a Brindisi anche le restanti legioni di Cesare, almeno sino a quando, a marzo inoltrato, l’Austro non comincia a spirare favorevole consentendo così il ricongiungimento delle truppe cesariane.
5.2 Anche Lelio occupa l’isola di S. Andrea (anno 48 a.C.)
Brindisi perde così la scena delle vicende della guerra civile, per riacquistarla incidentalmente con un episodio che di fatto è quasi la perfetta replica dell’esperienza di Libone. Questa volta è il pompeiano Decimo Lelio ad occupare, probabilmente alla fine di luglio, l’isola di S. Andrea e, “similmente [a Marco Antonio], Vatinio, che ha il comando a Brindisi, ... dispone sui litorali dei drappelli di cavalleria per impedire ai marinai avversari di attingere acqua” (Similiter Vatinius qui Brundisio praeerat... itemque per equites dispositos aqua prohibere classiarios instituit [Cesare, La guerra civile, III, 100, 2]).
“Ma Lelio, approfittando della stagione abbastanza favorevole alla navigazione, fa trasportare su navi da carico l’acqua alle sue truppe da Corcira e da Durazzo” (Sed Laelius tempore anni commodiore usus ad navigandum onerariis navibus Corcyra Dyrrachioque aquam suis supportabat [Cesare, La guerra civile, III, 100, 3]). Ciò gli consente di tenere imperterrito l’isola, fino a quando “viene a conoscenza dello scontro avvenuto in Tessaglia” (proelium in Thessalia factum cognitum [Cesare, La guerra civile, III, 100, 3]).
In Tessaglia, vale a dire a Farsalo, Pompeo è stato sbaragliato e, quindi, l’isola di S. Andrea non ha più alcun valore strategico.
Le luci della ribalta s’indirizzano così altrove.
Riferimenti bibliografici.
Appiano (a cura di A. Rupnik), Storia di Roma. Le guerre civili, Ass. Culturale Idee Nuove, 2004.
C. Giulio Cesare (a cura di Fernando Solinas), La guerra civile, Mondadori, Milano 1989.
M. Tullio Cicerone (a cura di Carlo di Spigno), Epistole ad Attico, UTET, Torino 2005.