Salviamo le Torri costiere brindisine
I componenti del G.A.B. da anni si adoperano affinchè la cittadinanza tutta conosca o non dimentichi la storia di questi baluardi del nostro passato e affinché chi gestisce la cosa pubblica intervenga con rapidità ed efficacia prima che il tempo e l'incuria portino a termine la loro opera distruttriva.
|
A tal fine, sono stati realizzati incontri, conferenze, articoli divulgativi via internet e su giornali, visite guidate ed un documentario. Nel 2011 Torre Testa è stata finalmente messa in sicurezza con interventi che ne hanno semplicemente scongiurato l’immediato crollo. Il G.A.B. sollecita chi di competenza affinché si adoperi per attuare progetti finalizzati alla completa rivalutazione della torre e dell’importante area che la circonda. Ben poco, purtroppo, si potrà fare per torre Mattarelle, in quanto l’erosione della costa ne ha causato il quasi totale crollo. |
Attualmente, Torre di Punta Penne è in totale stato di abbandono ed è esposta a reiterati atti vandalici. Senza alcuna protezione, rappresenta anche un pericolo per l’incolumità pubblica ed in particolare dei giovanissimi che spesso la frequentano. Riteniamo necessario che questo bene venga preservato immediatamente, con cancelli e recinzioni.
Quasi tutte le torri furono costruite con caratteristiche simili nel 1563 conformemente al modello richiesto dalla Regia Corte. Solitamente le torri venivano costruite a circa 7-9 km di distanza in linea d’aria l’una dall’altra. Una volta cessato lo scopo difensivo, esse furono vendute a privati o abbandonate. Il tempo, l'incuria, l'azione erosiva del vento e del mare, oltre all'inciviltà, hanno fatto il resto.
Nel territorio brindisino furono edificate le seguenti torri:
Torre Testa
E’ situata sul litorale nord in Località Giancola, a circa 7 km da Brindisi. Alcuni hanno asserito che il nome gallico sia dovuto alla forma di testa di gallo del promontorio su cui sorge, ma è più probabile che derivi da Jaddico (germ. WALD) che nelle lingue nordiche voleva dire bosco, foresta. A differenza di altre torri, l'importanza di Torre Testa (come quella di Torre Guaceto), era dovuta alla sua posizione strategica. La torre sorge, infatti, nel punto in cui un antico canale (il canale di Giancola) sfociava nel mare permettendo agli uomini del paleolitico di dissetarsi con le acque del fiume e di cacciare gli animali. Quest’area risultò di fondamentale importanza anche in periodo romano. Sono stati rinvenuti, infatti, i resti di antiche fornaci destinate alla produzione di anfore bollate ( I sec. a.C, I d.C.) e di una villa. In periodi successivi, si rese necessario presidiare la zona non solo allo scopo di avvistare le imbarcazioni nemiche, ma anche per evitare ai nemici di approdare e rifornirsi di acqua dolce. I lavori furono avviati nel 1567 dal maestro muratore Giovanni Maria Calizzi di Brindisi e la torre fu terminata nel 1582 dai leccesi Marco Guarino e Cesare Schero. Non molto tempo fa sono stati effettuati interventi di messa in sicurezza e di recupero, purtroppo incompleti ed insufficienti per scarsità di fondi.
Torre Punta Penne
Sul litorale nord, su di una scogliera caratterizzata da strati di arenaria obliqua a punta, sorge torre Punta Penne (probabilmente il nome penne deriva dal latino pinnus (acuto)). Un tempo era molto più alta. Decenni fa venne tragicamente decapitata. La torre esisteva già prima dell’ordinanza vicereale con la quale, nel 1563, per volontà del vicerè Duca d’Alcara don Parafan de Ribera, venne ricostruita. La ricostruzione vide impegnato nei lavori, almeno nel 1568, il maestro muratore brindisino Giovanni Parise (lo stesso che terminò i lavori di Torre Mattarelle). La torre, nel 1676, fu testimone di due sbarchi da parte dei Turchi. Dall’inizio dello scorso secolo è di proprietà della Guardia di Finanza.
Torre Guaceto
La Torre sorge nei pressi di un fiume e proprio per via di questa particolarità venne chiamata Guaceto, infatti “Gawsit” in lingua araba significa “sorgente di acqua dolce”, ed il toponimo stesso è testimone della frequentazione saracena di questi lidi.
Essa sorge sul litorale Nord a circa 15 km da Brindisi ed è l’unica ad essere stata di recente restaurata.
La storia di Torre Guaceto è legata a quella del suo antico porto; la zona fu abitata sin dall’età del Bronzo (XII – VIII sec a.C.) e successivamente occupata anche dai romani come testimoniano i reperti archeologici ritrovati.
Nella metà del XIV secolo, grazie alla Regina Giovanna I d’Angiò, il porto venne utilizzato soprattutto da mercanti mesagnesi; fu con Roberto d’Angiò che Guaceto venne utilizzato esclusivamente dalla città di Mesagne, vietando ai brindisini e ai carovignesi di poter usufruire di tale approdo.
La costruzione di una torre era fondamentale per via delle insenature comode all’attracco e della presenza di acqua dolce; l’area infatti fu occupata a lungo dai saraceni che la usarono come base dalla quale partivano le loro incursioni.
Nel 1531 il Marchese Ferdinando d’Alarçon, già incaricato della nuova costruzione del sistema difensivo della città di Brindisi, innalzò una torre su una preesistente che nel 1563 venne completata dal maestro muratore brindisino Giovanni Lombardo. Essa risulta essere la torre di tipo vicereale più grande di tutto il salento e nel XIX secolo era di proprietà dei Dentice di Frasso. Dopo un'adeguata ristrutturazione, oggi è sede della riserva naturale di Torre Guaceto.
Torre Cavallo
Capo Cavallo prende il nome da un leggendario “evento storico” avvenuto nel 1250, quando la nave di Luigi IX re di Francia, conosciuto come Re Santo, si incagliò contro uno scoglio rischiando di affondare e, mentre tutto l’equipaggio era in preda al panico, il re si mise tranquillamente a pregare innanzi al Corpo di Cristo. L’Arcivescovo di Brindisi Pietro III, in sella ad un cavallo bianco, andò lì a prelevare l’eucaristia portandola in Cattedrale e ancora oggi l’arcivescovo, montando su un cavallo bianco, ripercorre il giorno del Corpus Domini le strade della città.
Durante il regno di Carlo I d’Angiò fu costruita una torre-faro fatta erigere per volere di Pasquale Faccirosso che aveva donato in punto di morte a tale scopo 50 once d’oro. Al fine di terminare l’opera nel modo più veloce possibile, il re incaricò i brindisini Ruggero Ripa e Nicola Uggento. I lavori di costruzione furono supervisionati dai Templari, ma sfortunatamente la torre crollò subito dopo il suo compimento. Dopo il crollo venne nuovamente ricostruita e terminata nel 1301 sotto il regno di Carlo II d’Angiò. La torre, ancora una volta crollò , e nel 1567 e fu ricostruita, sulla base cilindrica di quella angioina, dal maestro muratore leccese Martino Cayzza.
Verso la fine del XIX secolo l’archeologo G. Tarantini scoprì una lapide marmorea con l’effige della torre, l’eucaristia e le colonne della città; essa si trovava sopra la porta d’accesso dell’antica torre angioina.
Torre Mattarelle
Sulla litoranea sud si trovano i resti dell'antica torre. I lavori furono iniziati da Virgilio Pugliese nel 1567, brindisino, e terminati da Giovanni Parise. Il tenente Gennaro Ripa racconta che il 22 settembre del 1787 all’interno della torre morì un soldato, tale Giuseppe Migliorino, che fu seppellito dietro la torre “e costretto a custodirla anche dopo la propria dipartita”.