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Japigi e messapi quei lontanissimi nostri avi.

Quanti di noi guardando film come “300″, “Braveheart”, “Il gladiatore”, si sono lasciati trasportare dalle emozioni parteggiando ed esultando per i protagonisti che, per difendere la libertà, hanno sacrificato il bene più grande che ogni uomo possiede: la vita.

Un re spartano che con soli 300 uomini (anche se in realtà furono molti di più) riuscì a rallentare l’avanzata dei Persiani permettendo agli altri “Greci” di prepararsi a respingere l’attacco! Sembrano storie leggendarie frutto della fantasia di un poeta, ma sono fatti realmente accaduti, anche se sono stati sicuramente gonfiati, arricchiti di particolari da storiografi prima e in seguito da registi e scenografi con l'uso di effetti speciali.

Sembrano gesta di popoli lontani, roba che si legge sui libri di storia, ma in realtà non bisogna andare poi così lontano, è sufficiente che ci guardiamo attorno: anche la nostra terra è intrisa del sangue dei nostri antichi avi che, al pari di Leonida, hanno combattuto e donato la propria vita per difendere l’indipendenza di un etnia e la libertà.

Vi siete mai chiesti come mai Brindisi, Lecce, Otranto, il territorio barese, pur essendo in linea d’aria a pochi chilometri di distanza dalla Grecia, non custodiscano templi e rovine del mondo greco classico?

E’ proprio grazie alla tenacia dei nostri antenati che il Salento e quasi tutta la Puglia hanno mantenuto un’indipendenza fino alla colonizzazione Romana del 272 a.C. Questi uomini coraggiosi venivano chiamati Iapigi, un’ etnia costituita da Messapi (Puglia del sud), Peucezi (Puglia del centro), e Dauni (Puglia del Nord).

I Messapi erano dediti all’agricoltura ed alla pastorizia, ma furono soprattutto abili domatori di cavalli, tenaci combattenti a cavallo, arcieri tanto capaci che persino le efficientissime legioni romane li vollero al proprio fianco come alleati nella guerra contro i Sanniti (antica popolazione campana).

Purtroppo sappiamo ben poco sulle origini dei Messapi e degli Iapigi in generale, a causa della scarsità delle fonti storiche. La prima fonte documentata è uno scritto di Esiodo (poeta greco vissuto a cavallo tra l’VIII e il VII secolo a.C.); naturalmente, più che di notizie storiche, si tratta di tentativi di legittimare le origini degli Iapigi. Il poeta, infatti, identifica la derivazione del nome Iapigi da Ipeto (figura mitologica greca). Secondo Erodoto (485-425 a.c.) i Messapi provengono invece dai Cretesi che in seguito ad un naufragio si stanziarono in Puglia prendendo successivamente il nome di Iapigi-Messapi.

In realtà, le ipotesi storico-archeologiche sulle origini degli Iapigi sono differenti e discordanti. Una cosa è certa, gli Iapigi sono frutto di mescolanze di popolazioni indigene presenti sul territorio sin dal Paleolitico con quelle arrivate attraverso i vari flussi migratori che si susseguirono nel tempo nella penisola: Micenei, popolazioni provenienti dall’Anatolia, dall’Epiro ed infine gli Illiri (popolazione proveniente dai Balcani).

Strettamente influenzati dalla cultura greca, gli Iapigi, ed in particolare i Messapi furono in grado di mantenere una propria identità ed autonomia. Paradossalmente, all’inizio del IV sec a.C., a pochi anni dalla battaglia delle Termopili che vide Leonida morire per difendere la libertà dei Greci, i nostri antenati combatterono per gli stessi ideali, e questa volta gli oppressori erano proprio uomini di origine Spartana (i nipoti ribelli di uomini spartani che nel VIII secolo abbandonarono la città natale in cerca di nuove terre e che fondarono Taranto).

Epica fu la resistenza delle bellicose popolazioni Iapigie al tentativo dei Tarantini di procurarsi degli schiavi. Nel 473 a.C. cavalieri Messapi e combattenti Peucezi e Dauni inflissero agli ex Spartani una tremenda sconfitta che determinò anche la caduta dell’aristocrazia Tarantina.

I Messapi continuarono a mantenere la propria indipendenza, fino a quando non vennero sconfitti  definitivamente dai Romani nel 266 (dopo avere ottenuto, comunque, diverse vittorie).

Nonostante i numerosi ritrovamenti, il mistero avvolge ancora questo gruppo tribale fortemente influenzato dalla cultura ellenica in diversi campi. La loro lingua e la religione, infatti, risentirono fortemente dell’influenza greca.

I Messapi non avevano vere e proprie città, si trattava di piccoli gruppi di capanne sparse nel territorio i cui abitanti si riunivano in centri fortificati in caso di attacchi o per celebrare feste e riti.

I resti di insediamenti messapici sono sparsi in gran parte del Salento. Tra i più importanti, in ordine sparso, ricordiamo Oria, Vaste, Valesio, Ceglie Messapica, Lecce, Cavallino, Roca Vecchia, Muro Leccese, Soleto, Alezio, Manduria, Ugento, Brindisi.

A Brindisi ci sono pochissimi resti di edifici messapici, mentre sono numerosi i reperti qui ritrovati che sono attualmente visibili nel Museo archeologico della città.

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