Il teatro nascosto
Di tanto in tanto, a distanza di anni, tornano a galla dubbi riguardanti l’esistenza di un teatro all’interno dell’area del collegio Navale N. Tommaseo. Nonostante il tanto parlare, non sono mai stati portati avanti, una volta per tutte, degli studi approfonditi finalizzati a fare luce sulla faccenda. Al di sotto del piccolo promontorio sul quale sorge il collegio, è ancora oggi evidente una parte del fianco di forma semicircolare. Nel tentativo di comprendere cosa esso sia potuto essere, sono state fatte ipotesi differenti come: un contenimento, una cava, un teatro del ventennio fascista o addirittura un teatro romano. Naturalmente, in mancanza di saggi e di fonti storiografiche sull'argomento, non è possibile formulare tesi fondate, ci limiteremo pertanto a riportare quei pochi dati di cui siamo in possesso senza prendere alcuna posizione in merito se non quella della salvaguardia della struttura. A prescindere dal periodo storico a cui essa possa essere appartenuta, riteniamo sia fondamentale il recupero del bene e la sua restituzione alla cittadinanza, come avviene in altre realtà (Conversano, Matera, ecc…), al fine di farne, ad esempio, un luogo di incontro per rappresentazioni teatrali, utilizzando, come scenografia, la spettacolare veduta del porto e del Castello Svevo. Agli inizi del XIX secolo, nell’area dove oggi insiste il Collegio Navale, sorgeva una villa già in parte diruta. In essa dimorò per qualche tempo il viaggiatore francese Antoine L. Castellan, come si evince dai suoi scritti. Verso la fine dell’800 fu costruita una bellissima villa in stile neogotico di proprietà della nota e benestante famiglia Dionisi. Da alcuni documenti inerenti la costruzione della villa non risulta alcuna esistenza dell'edificio, ma, dalle foto aeree, si può notare il tipico richiamo della forma a semicerchio proprio dove sorgeva il presunto teatro. Durante il ventennio fascista Villa Dionisi venne demolita per far spazio alla realizzazione del Collegio Navale.
L’otto settembre del 1934 Benito Mussolini, con il primo colpo di piccone, diede simbolicamente inizio ai lavori di costruzione del Collegio che si conclusero il 5 dicembre 1937, giorno dell’inaugurazione. L'edificio fu progettato da Gaetano Minnucci, uno fra i più importanti architetti dello stile Razionalista italiano, corrente architettonica che, partendo dal Futurismo, si sviluppò negli anni venti e trenta del XX secolo. Alcuni ritengono che i fascisti abbiano voluto realizzare, oltre a quello previsto all’interno del Collegio, un altro teatro questa volta all’aperto, secondo un modello romano. Questa struttura è facilmente visibile dalle foto aeree risalenti al periodo della costruzione del Collegio.
Come riportato nella pubblicazione dell’Ordine degli Architetti, dell’Archivio di Stato di Brindisi e del Ministero per i Beni Culturali dal titolo “il Collegio Navale Niccolò Tommaseo 1934 – 1977, dalla progettazione al disuso” (pag. 19), durante la costruzione, lo stesso architetto Minnucci ebbe diversi ripensamenti: “In generale la sistemazione esterna è riveduta, giacchè l’introduzione del nuovo braccio a pettine con a termine la palestra, fa traslare verso l’interno (lungomare) l’intero campo sportivo, il cui spazio è metaforicamente bloccato tra il volume della rimessa per le imbarcazioni sulla banchina ed un anfiteatro all’aperto”.
Dalle foto aeree risalenti a quel periodo si nota chiaramente una struttura molto simile ad una cavea, facente parte di un impianto che si presentava come un rudere sul costone digradante del Collegio, rivolto verso l’attuale lungomare Amerigo Vespucci.
Non si hanno notizie in merito alla decisione e alle motivazioni che portarono al completo interramento della struttura qualche anno dopo l’apertura del Collegio, sulla quale poi furono piantati degli alberi di eucalipto.
Essa è rimasta visibile fin dopo la metà degli anni ’30, ed alcune testimonianze dirette la ricordano come un rudere composto da gradoni in pietra, mai utilizzato dai collegiali per le loro rappresentazioni teatrali, poiché all’interno dell’istituto vi era un’ampia sala adibita a tale scopo.
La tentazione di far risalire il teatro ad un periodo romano è forte, ma tale ipotesi non è sostenuta da alcun fondamento archeologico e storico. Sicuramente la sua posizione sarebbe stata ideale per rappresentare ad esempio battaglie navali, come avveniva nel Colosseo, con il vantaggio di poter sfruttare lo scenario naturale del porto. Sembra comunque alquanto strano che nessuna fonte classica o dei secoli successivi non ne abbia mai fatto cenno.
Una tra le poche fonti attendibili è il giudizio che diede la Soprintendenza negli anni ’80 nel libro "La necropoli di via cappuccini", (pag. 26 nota n. 17): "Nessun fondamento archeologico avevano le notizie riportate ne -il Tempo del 20/08/1960 e La Gazzetta del Mezzogiorno del 16/10/83- relative alla scoperta di un anfiteatro al Casale: si trattava, infatti, di un edificio degli inizi di questo secolo.”
Sempre nel Collegio Navale N. Tommaseo, sopra la scalinata d’accesso dal lungomare A. Vespucci, c’è una fontana nella quale un tempo vi erano dei delfini marmorei realizzati dallo scultore A. Fiordigiglio. Il nostro Gruppo Archeologico segnalò lo stato di abbandono di queste sculture e fece pressione affinché esse fossero recuperate ed esposte a palazzo Nervegna; rimaniamo ancora in attesa che sia data loro degna sistemazione nella speranza che possano un giorno ritornare in loco nel Collegio restaurato.
Per completare la descrizione dell'area, c'è da segnalare che in prossimità dell’ipotetico teatro vi sono numerosi grandi blocchi di pietra, di probabile origine messapica. Interessante è anche la presenza di due frammenti di colonna, di cui una rudentata.